Ho avuto l’opportunità di partecipare a tre giorni intensi e ricchi di “riflessioni” sul Marketing digitale.
Mi piace fare una riflessione accurata di ciò che vivo e che può accrescere la mia professionalità.
Una riflessione accurata, però, ha bisogno di una mente pulita e disincantata e per questo mi sono preso del tempo prima di scrivere.
Tutto ciò è ancora più vero se parliamo del Marketers World di Dario Vignali e Luca Cresi Ferrari.
Perché?
Il World è un’esplosione di emozioni, date non solo dall’impeccabile scenografia e dalla costruzione di “intrattenimento specifico”, ma anche dalla materializzazione della “tribù” sociale e dall’identificazione del tema principale.
Proprio questi saranno i punti fondamentali del mio ragionamento.
Si punta ad annebbiare gli occhi e la mente, provando a rappresentare il “convegno” come qualcosa di “divino” (il colore viola non è casuale).
Questo vuol dire che il World è tutto fumo e niente arrosto?
Uno spreco di tempo e di denaro?
Un minestrone di informazioni spicce e superficiali?
No!
Chiaramente, come ogni business, lo scopo è quello di fidelizzare e fare up sell con i corsi – magnifica piattaforma quella della Marketers House che si distingue per il forum e l’algoritmo; ne avrebbero guadagnato molto introducendolo almeno un anno prima- evitando di scendere nel particolare tecnico.
Il World è ben progettato e converte per due motivi importanti:
1) la materializzazione della tribù e del valore: perfettamente in target.
Marketers, alimenta la propria tribù ed infonde il proprio valore ormai da anni attraverso i social ed entrambi gli elementi sono stati perfettamente trasportati nella vita reale, attraverso le attrazioni liberamente fruibili ed il networking.
Quindi, andiamo oltre l’identificazione professionale, avvicinandoci alla creazione di una sottostruttura sociale successiva, non perfettamente identificabile in tribù sociale, ma quasi.
2) l’identificazione del tema principale: il vero punto di svolta.
La tecnica di far ruotare ogni sezione ed intervento attorno ad un punto comune, un tema – al fine di evitare il compartimento stagno di ogni intervento, o “silos” come lo chiameremo nel caso di una grande azienda – è ormai invecchiata, ma il World ha portato tale tecnica ad un livello più alto.
Come ci è riuscito?
Collegando il tema ad un “secondo fattore” ed invitando esponenti perfettamente in target.
Tale fattore, pur essendo molto semplice, fa tutta la differenza del mondo.
Durante i vari speech lo hanno presentato come l’elemento che, in maniera generica, converte maggiormente ed abbatte i limiti di ogni funnel.
Cos’è quindi?
Parliamo di: “emozione”!
L’emozione è la leva che converte e fidelizza meglio di ogni altra.
Meglio ancora: modifica gli animi.
Durante le tre giornate, ho accolto con riservo tale teoria, non perché non la condividessi, ma perché avevo paura che fosse utilizzata ed identificata in maniera impropria e viziata.
Fortunatamente, le mie paure non erano fondate.
Ho trovato lo stesso valore che porto nella mia idea di un Marketing per l’individuo e per la società; un valore che ho identificato nel Societing e, quindi, nella mia cara Sociologia applicata al mercato.
Sfortunatamente, tutta la Sociologia ed il valore sono state ridimensionate e sottorappresentate, per ovvi motivi, dal semplice ed eccezionale Marketing Sociale, assieme alla Sociologia dei Consumi.
L’emozione di cui parlo è stata perfettamente rappresentata dai vari ospiti; ne cito solo alcuni: Sergio Borra, Luca La Mesa, Veronica Civiero, Luca Mazzucchelli, Marco Venturini e Alex Bellini che, pur non occupandosi di Marketing, è riuscito a far capire, meglio di molti altri, cosa può creare un’emozione all’interno del mercato.
Proprio lui, mi ha dato l’ispirazione verso l’innovazione: creare qualcosa che oggi non c’è ancora, qualcosa di invisibile, mettendo in relazione elementi, mondi, molto distanti.
Molto interessante è stato anche il collegamento, di Dario Vignali, sulla contaminazione interna ed esterna: il mondo ed il modo in cui viviamo ci condizionano e pesano sulla nostra produttività.
Ora che vivo nella caotica e bellissima Roma, sento questa teoria spaventosamente vera e vicina.
Per ultimo ho lasciato il Copywriter Iacopo Pelagatti che, a parer mio, ha portato sul palco il miglior speech a cui potessi assistere.
Iacopo non si è distinto tanto per la sua capacità di public speaking – tutti quelli che ho citato sono dei veri mostri della comunicazione diretta – quanto per la sua capacità di ribaltare i concetti prestabiliti (della scrittura, della società, della comunicazione e dell’influenza/manipolazione a carico dei percettori) e, quindi, di emozionare con concetti semplici ma visti, appunto, al contrario.
Iacopo mi ha colpito per il modo in cui vuole usare il Marketing e per il modo in cui lo sta facendo.
Nel mio piccolo perseguo lo stesso scopo: portare la Sociologia, come struttura culturale e di riflessione, ovunque ed influenzare con cognizione.
Mentre scrivo, quindi, mi rendo conto che il disincanto che volevo abbandonare, prima di scrivere questo post, è ancora presente e, probabilmente, deve continuare a vivere.
Concludo con un concetto espresso da Iacopo:
noi marketers vogliamo spingere gli utenti dentro un funnel, un imbuto.
Vogliamo prenderli tutti e spremerli fino a portarli nella parte più stretta.
In quel punto li convertiamo, ma li teniamo scomodi.
Li non c’è spazio, si sta stretti.
Dovremmo ripensare il funnel e farlo assomigliare ad un megafono!
Il Marketing può servire veramente alla società e dare una voce ai piccoli.